La “ regola del tre ” è un artificio oratorio fondamentale nelle strategie di public speaking, che facilita una presentazione chiara e convincente dei punti principali davanti a un pubblico.
“ La regola del tre ” trova oggi largo uso tra i maggiori esperti di marketing e comunicazione mondiale, ma nasce e si sviluppa come cifra stilistica all’interno della gamma di espedienti tecnici che stanno alla radice della formazione oratoria di base e dello story-telling del teatro tradizionale.
Ma cos’è esattamente la regola del tre ?
Una tecnica tanto semplice quanto efficace: suddividiamo il nostro discorso in tre parti essenziali, tre punti, tre concetti di fondo.
I primi due punti avranno una funzione meramente preparatoria.
La carica emotiva (o l’accento) cade sempre sul terzo punto, che ne costituisce il perno vero del discorso, il centro gravitazionale a cui si era progettato di giungere sin dall’inizio.
Strutturalmente è simile ai tre postulati della dialettica hegeliana:
• tesi
• antitesi
• sintesi
dove la sintesi ne costituisce per l’appunto l’apice.
In realtà “ la regola del tre ” è più un principio che permette la memorizzazione di un messaggio in modo rapido e persino divertente.
In poche parole, il tre è facile e funziona.
Tale tecnica viene quotidianamente adottata in:
• speech politici
• motti
• slogan pubblicitari
ma funziona a patto di una buona gestione delle pause.
La pausa, infatti, aiuta a fissare meglio i contenuti appena presentati e gioca un ruolo fondamentale nella creazione dell’effetto sorpresa che il terzo punto produce nei confronti dei primi due.
Spesso nella commedia questo stratagemma suggerisce uno schema per la creazione di battute e situazioni comiche.
Due elementi simili seguiti da un elemento totalmente estraneo, imprevisto.
Pronti, partenza, via!
Ed in effetti è proprio il meccanismo con cui si costruiscono gli spettacoli di improvvisazione, persino in rima.
Non sottovalutare l’importanza di sorprendere il pubblico è l’approccio corretto per mettere in pratica “ la regola del tre ”.
Il terzo elemento, ciò che in genere vuole essere la battuta vera e propria, cioè il primo che viene in mente, viene logicamente collocato alla fine di una triade (per cui occorre subito pensare agli altri due elementi di “appoggio”).
Ecco alcuni esempi celebri di discorsi basati sulla regola del tre:
“Starting today, we must pick us up ourselves up, dust ourselves off, and begin again the work of remaking America.”
(Obama, discorso di inaugurazione alla prima presidenza)
“Amici, Romani, compatriotti, prestatemi orecchio”
(“Giulio Cesare” di Shakespeare, incipit di Marco Antonio nell’orazione funebre per il grande imperatore morto)
“Veni, vidi, vici”
(Caio Giulio Cesare nel trionfo Pontico, secondo Plutarco e Svetonio)
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