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Immagine del redattoreSimone Buffa

Quel ladro di Shakespeare!

Aggiornamento: 26 lug




Tutti conosciamo la storia di Romeo e Giulietta. Ma sappiamo chi erano Piramo e Tisbe?

 

Una frase spesso attribuita a Pablo Picasso recita all’incirca così: “Solo i mediocri copiano. I geni rubano”.

 

In realtà non sappiamo se la stessa frase sia stata propriamente concepita dallo stesso Picasso o se -impeto di genio- sia stata a sua volta rubata da qualche altro autore.

 

Ma come? - direte voi - Eppure era noto che “mai storia fu più triste di quella di Giulietta e del suo Romeo”.

 

Vogliamo forse asserire che Shakespeare abbia davvero rubato a mani basse dal mito e dalla leggenda?


Spoiler: sì


Un momento, però.  Il concetto di “rubare” in ambito letterario e artistico è quantomeno controverso. Oggi esistono in tutto il mondo leggi a tutela del diritto d’autore.

 

Ma le opere giunte fino a noi nel corso dei secoli e ritenute oggi “classiche” sono in realtà frutto di una rielaborazione lenta ma progressiva, protratta secondo una tradizione orale che nel passaggio da bocca a orecchio, da un autore all’altro, ha inevitabilmente finito con il modificare e spesso arricchire il racconto originale.

 

In epoche in cui non c’erano internet e tv e la diffusione dei testi scritti era decisamente scarna, la tradizione orale ha permesso a storie e racconti di ogni genere di sopravvivere. E, ad ogni passaggio, un nuovo dettaglio viene aggiunto o trasformato. Talvolta è il risultato del mutare dei tempi. Cambiano le epoche storiche, si adattano anche le storie al nuovo contesto culturale e sociale.

 


Piramo e Tisbe sono due giovani innamorati e appartenenti a due famiglie in conflitto da tempo immemore. Vivono nello stesso edificio e, a causa del loro legame impossibile, vengono reclusi in due diverse cantine della stessa costruzione dove abitano.

 

Piramo e Tisbe riescono però a sfruttare una crepa nel muro divisorio delle due cantine per sussurrarsi frasi d’amore. Un giorno architettano insieme una fuga e i due giovani si danno appuntamento nel bosco di notte.

 

La prima ad arrivare è Tisbe. La ragazza attende il suo amato ma, alla vista di una leonessa con la bocca insanguinata per aver sbranato da poco un vitello, riesce a darsela a gambe. Nel farlo perde il mantello, che la belva lacererà.

 

Quando sopraggiunge Piramo, tutto ciò che il ragazzo vede è il mantello di Tisbe, dilaniato ed insanguinato. Il ragazzo intuisce che la propria amata abbia avuto la peggio a seguito di un incontro con una belva feroce. Affranto dal dolore, decide di togliersi la vita con un pugnale.

 

Dopo qualche tempo torna Tisbe e scopre Piramo giacente a terra, in una pozza di sangue. La ragazza cade nello sconforto. Afferra il pugnale e si trafigge a sua volta.

 

Il mito di Piramo e Tisbe risale all’antica Babilonia ma era già noto in epoca ellenistica, fino a divenire celebre con Ovidio nelle sue Metamorfosi. Ma la vera fortuna arriverà qualche secolo più tardi con “Romeo e Giulietta”: del mito di “Piramo e Tisbe” Shakespeare riprenderà la struttura e trapianterà gli eventi nella città di Verona.  

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